Fantozzi ragionier Ugo, matricola 1001/bis

Fantozzi ragionier Ugo, matricola 1001/bis

lunedì 6 aprile 2015

I Fantozzi di oggi

Sono trascorsi ormai più di quarant’anni dalla nascita del ragionier Fantozzi, ma possiamo a buon diritto considerarlo ancora estremamente attuale. Certo, il contesto storico è mutato, probabilmente in peggio, e le condizioni di vita non sono più le stesse rispetto agli anni settanta. Fantozzi era un pavido, un remissivo, un sottomesso, un mediocre, un servile e chi più ne ha più ne metta, ma era felice, appagato e si accontentava di quel poco che aveva. Il Fantozzi di allora aveva il sospetto di essere sfortunato, solo un leggero sospetto, dal momento che non c’erano i media a indicargli la via della felicità. Un tempo Fantozzi andava in giro vestito da clown, era consapevole della sua situazione, aveva il posto fisso e un futuro ben delineato.
Al giorno d’oggi, si può dire che “i Fantozzi” si sono triplicati: disoccupati, precari, bamboccioni, ma soprattutto giovani. Sono mascherati da persone riuscite ed hanno come modello quello che “somministra” loro la televisione: vorrebbero avere le donne stupende che vedono assieme ai calciatori, sognano di avere soldi e potere, sgomitano per diventare famosi e per andare in vacanza nei posti più rinominati. Hanno una paura tremenda di essere invisibili, vogliono apparire e fanno di tutto per mostrare la loro felicità: portano orecchini, piercing, abiti stracciati e si tingono i capelli. La triste realtà è che sono infelici, anzi disperati, e la loro euforia è soltanto apparente, volta cioè a mascherare la paura per un futuro incerto e privo di sicurezze. Hanno paura di fare un lavoro semplice perché sono convinti che la felicità coincida con la ricchezza, il potere e la popolarità. Ma questa prospettiva non è possibile, se non per pochi, e ne sono consapevoli. Questo determina in loro un’infelicità che cercano di coprire con l’alcol e la droga, cercando di evadere da una realtà distante dalle loro esigenze.
Purtroppo i Fantozzi di un tempo erano felici e pieni di sicurezze, nonostante la loro mediocrità, mentre quelli di oggi non lo sono, o quantomeno in forma apparente, per colpa dei falsi modelli che la televisione propone e della politica, che non è più in grado di assicurargli un futuro.

Il nuvolone dell'impiegato: grottesca metafora sociale

La  “nuvoletta di Fantozzi”, o nuvolone dell’impiegato, è un immagine che Villaggio ha sapientemente creato per marcare e porre in risalto le differenze tra i vari ceti sociali. Ogni impiegato ha la sua personalissima nuvola, che gli piomba implacabilmente e puntualmente  addosso ogniqualvolta si sta divertendo o svagando. Essa, in agguato anche per “quattordici mesi” all’anno, disturba e rende un vero e proprio inferno tutte le vacanze del povero Fantozzi. Ma mentre Ugo viene sommerso da litri e litri d’acqua, accanto a lui tutti “i potenti” sono illuminati dalla luce del sole e si godono pienamente le loro vacanze.
 


Chi non s'è mai sentito perseguitato dal suo personalissimo nuvolone da impiegato?

"La corazzata Potemkin è una Cagata Pazzesca"

Nel film “Il secondo tragico Fantozzi”, che presenta molte scene caratterizzate da una comicità pungente, vi è un episodio in particolare che è passato alla storia per la sua forte impronta satirica, oltre che per la sua vena comico-umoristica.
In diretta da Wembley c’è la partita Italia-Inghilterra, valevole per la qualificazione ai mondiali di calcio. Fantozzi, dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro, ha un programma formidabile. Seduto comodamente sulla sua poltrona, in calze, mutande e vestaglione di flanella, il ragioniere, di fronte ad una “frittatona di cipolle” e una birra gelata, si prepara a fare tifo “indiavolato” per la sua Nazionale. Ma il telefono squilla e arriva una notizia “atroce”: il direttore Guidobaldo Maria Ricciardelli ha convocato gli impiegati al cineforum aziendale per assistere ad un film cecoslovacco. Fantozzi esce di casa con una radiolina all’orecchio mentre dalle finestre dei palazzi si diffonde l’appassionante telecronaca della partita. All’ingresso nella sala, tutti gli impiegati vengono perquisiti e vengono sottratte loro tutte le radioline che tentano invano di nascondere. Il direttore annuncia che verrà proiettato “l’immortale capolavoro” del maestro Ejzenstein, “La corazzata Potemkin”, e tutti gli impiegati svengono all’istante. In sala c’è fermento: nessuno guarda il film e gira la voce che l’Italia stia vincendo sull’Inghilterra per 20 a 0.
Alla fine della proiezione, si accendono le luci e comincia il dibattito: alcuni si complimentano per la “bellezza assoluta” del film mentre altri non osano fiatare. Fantozzi allora si fa coraggio, si alza, si dirige sul palco e prende la parola: “Per me, la Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”! La sala scoppia in un boato di approvazione e gli impiegati, guidati da un insolito rag. Fantozzi nelle vesti di rivoluzionario, si ribellano bruciando la preziosa pellicola e costringendo il direttore a vedere, in ginocchio, una serie di film erotici.
Tale episodio, nonostante l’esagerazione con cui viene presentato, rappresenta una dura critica verso un certo tipo di intellettualismo e verso il diffuso “snobbismo” degli intellettuali. Essi tendono ad imporre una cultura imbevuta di stereotipi e luoghi comuni, secondo la quale è capolavoro tutto ciò che risulta incomprensibile alla massa, al ceto medio.
Quello di Fantozzi è un gesto di ribellione, una ribellione pura e autentica, ma pur sempre velleitaria. Per la prima volta Fantozzi dà sfogo a tutta la sua rabbia ed esce fuori dai canonici schemi della sua vita. In questa scena, il ragioniere dimostra coraggio, spirito d’iniziativa e un’assoluta mancanza di paura verso il potere; in altre parole, possiamo dire che Fantozzi in questo caso è stato un eroe vero e proprio ed ha incarnato l’ideologia di tutta una classe sociale, stufa di essere sottomessa e oppressa anche nel tempo libero.



Un urlo liberatorio che si porta sulle spalle un'intera classe sociale...

La Fortuna del personaggio Fantozzi

Fantozzi, al contrario delle altre macchiette comiche di Villaggio, ha ottenuto un successo esponenziale e si è affermato come una delle maschere più riuscite del nostro cinema.
La sua fortuna risiede nel processo di identificazione, che ha portato il pubblico italiano (e non solo) a specchiarsi nelle sfortunate vicende che affliggono il povero ragioniere. Chi, infatti, non riduce al minimo il tempo necessario a prepararsi per andare al lavoro e godersi un po’ più di sonno? Chi non ha un amico che organizza agghiaccianti eventi mondani come fa il ragionier Filini? Chi non è frustrato dal lavoro? Chi non è oppresso e sfruttato da qualcuno? Chi non vede l’ora di fuggire come un centometrista dall'ufficio? Nessuno, o quantomeno una ristretta minoranza. Fantozzi è dunque l'icona dell'italiano medio di ieri, di oggi e probabilmente di domani, racconta con i giusti eccessi il comportamento di una società che, malgrado il tempo passi inesorabilmente, attraversando mode e tendenze politiche, di fatto resta sempre se stessa. Le persone si sentono partecipi delle sue sventure perché sono consapevoli che, in un modo o nell’altro, sono anche le loro. La differenza tra il rag. Fantozzi e gli altri personaggi comici risiede proprio in questo aspetto. Del resto non c’è futuro per una “maschera” se non scatta l’identificazione.

1975: la "maschera" Fantozzi prende forma


“Fantozzi” arriva sugli schermi nel 1975 e quel personaggio che sino a quel momento i lettori hanno potuto soltanto immaginare finalmente prende forma. Fantozzi ha finalmente una faccia, quella di Paolo Villaggio, che fornisce una mimica a dir poco straordinaria. Impacciato fino al catastrofico, fisicamente tozzo e sgraziato, vestito in modo improbabile (con pantaloni ascellari e un orribile basco in testa), Fantozzi piomba nelle situazioni e negli ambienti come una "contraddizione commovente ed esplosiva", il cui effetto comico nasce dall'immediato contrasto tra una serie di regole e comportamenti perfettamente codificati e l'incapacità congenita del personaggio di adeguarvisi o di rispettarli.
Ecco il baschetto, la Bianchina, la moglie ripugnante, la figlia-scimmia e il mondo della Megaditta, formato da colleghi, direttori galattici e nobili con nomi altisonanti.
La regia del film è affidata alle sapienti mani di Luciano Salce che, assieme agli sceneggiatori Benvenuti, De Bernardi e Villaggio stesso, cambia diversi elementi originari. Riprende gli episodi principali dei primi due libri, li rielabora e li arricchisce con nuovi spunti. Inoltre cambia il ruolo e l’incidenza di qualche personaggio, eliminando ad esempio la figura di Fracchia per sostituirla esclusivamente con quella di Filini. Il regista svolge anche un lavoro straordinario nella ricerca degli attori, i cui volti si sono prestati perfettamente ai ruoli assegnati. Meritevoli di essere menzionate sono le interpretazioni del rag. Filini di Gigi Reder, della moglie Pina di Liù Bosisio, della figlia Mariangela di Plinio Fernando e della signorina Silvani di Anna Mazzamauro.
Il successo del film è veramente stupefacente e l’anno successivo esce “Il secondo tragico Fantozzi”, sempre diretto da Luciano Salce. Migliore da un punto di vita stilistico, anche il sequel ottiene il consenso del pubblico.
Sono due i fattori determinanti che hanno reso possibile un successo tale: da una parte l’apporto della comicità fisica e dall’altra il meticoloso lavoro del regista.
Dopo questi due inarrivabili capolavori, la saga di Fantozzi continuerà con molte altre pellicole, dirette tutte da Neri Parenti, sino al 1999, anno d’uscita dell’ultimo film. Essi risulteranno indubbiamente apprezzabili, ma sempre più ripetitivi e orfani dell’impronta satirica dei primi due film.